ELOGIO DEL COMPLOTTISMO

 

 

  

 

 

Huffington Post - 17 maggio 2020

 

Forse è il complottismo il fenomeno web più interessante dei nostri anni. Una galassia eterogenea che spazia da personalità con credibili curriculum a svalvolati youtuber di provincia, passando per dietrologi, taumaturghi, eretici, profeti di sventura, disinformatori di professione… in competizione a chi la spara più grossa.

Da un punto di vista per così dire estetico, leggere i loro siti o guardare i loro video è uno spasso; presi sul serio come critici dell’esistente, meriterebbero quasi tutti di essere liquidati con una risata. Ma sarebbe un errore ritorcere contro di loro il loro massimalismo: si tratta di una galassia differenziata ed è giusto di ciascun complottista misurare il tasso di attendibilità o di cialtroneria.
Il prima dogma del complottista è che non bisogna credere acriticamente all’informazione ufficiale, alla storia ufficiale, alla medicina ufficiale… in una parola: al sistema. Dogma assolutamente condivisibile, a patto che tale dubbio metodico sia applicato a tutto: se è da beoti credere acriticamente all’informazione ufficiale, è da beoti credere acriticamente alla controinformazione. Per il complottista, invece, il primo ciarlatano che con gli occhi fuori dalle orbite illustra su youtube una tesi eterodossa, è a priori più credibile dei servi del sistema in quanto avversario del sistema.
Il secondo dogma del complottista è infatti viversi come altro dal potere. Per il complottista il potere non è una rete in cui tutti siamo impigliati (e qualcuno la tira dalla propria parte, qualcuno si affanna a scioglierne i nodi, qualcuno finge di non vederla). Per lui le nostre democrazie occidentali non sono il campo di battaglia tra legittimi poteri: alcuni visibili, altri magari meno. Il complottista crede nella primazia dell’invisibile: poco conta la forza di fuoco che i poteri visibili ostentano talvolta senza vergogna, per il complottista è sempre più insidioso l’oscuro burattinaio che congiura nella cantina della storia.
Il complottista è l’ultimo giapponese dello storicismo: dietro ogni accadimento c’è una trama, una spiegazione, un movente. Per lui la realtà non è, come il novecento ci ha insegnato, un magma maledettamente complicato di difficile lettura. Lui ha la chiave.
Rispetto alle imprescindibili analisi del complottismo fatte da Karl Popper o da Umberto Eco, quello contemporaneo risulta più inquietante: interagendo con fenomeni contigui come la diffusione manipolatoria di fake news o come le guerre geopolitiche combattute via web, rischia di creare misture tossiche. Ma ridurre il complottismo a fenomeno da baraccone o immaginare di imbrigliarlo in nome della battaglia contro le fake news, sarebbe un errore tragico. Perché di idee eccentriche il dibattito pubblico ha necessità. Perché nella controinformazione notizie interessanti ne circolano. Perché bollare una notizia come falsa presuppone che esista una notizia vera, mentre per le democrazie è salutare la coesistenza di molteplici verità. Ben venga la commissione governativa contro le fake news, ma per promuovere la diffusione degli strumenti critici necessari a una lettura consapevole di qualsiasi notizia, che provenga dalla stampa ufficiale o dalla controinformazione.
Il complottismo lancia al sistema una sfida che al sistema conviene accettare: facciamo un esame di coscienza collettivo e lubrifichiamo gli ingranaggi democratici che col tempo si sono arrugginiti. Prendiamo esempio dalla grande democrazia americana che ai dubbi dei complottisti sui fatti dell’11 settembre 2001 rispose istituendo una commissione ufficiale di verifica. Faremo un affare.

 

 

 

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