IL POVERO BETTINO GIACE ASSETATO DI GIUSTIZIA

 

 

 

 

 

Huffington Post - 16 gennaio 2021

 

Per tutto il novecento l’arte italiana aveva parlato di politica. Delle speranze e delle delusioni figlie della politica. Era stata un’arte dalla forte tensione civile: anche in molte opere che parlavano di altro, la politica sembrava presente sottotraccia. Poi, improvvisamente, il silenzio: un silenzio imbarazzato, imbarazzante, assordante.

Nel 1989 cadde il muro di Berlino e con esso i regimi comunisti dei paesi dell’est e il sogno politico di milioni di europei. Nel 1992 scoppiò a Milano lo scandalo giudiziario Mani pulite, che in breve tempo portò alla fine della prima repubblica e all’annientamento della classe politica che aveva fatto grande l’Italia. Due avvenimenti storici clamorosi che cambiarono radicalmente il nostro paese. Due avvenimenti storici clamorosi su cui l’arte italiana a lungo tacque.

Non ero socialista ma nel 2008, con la consulenza storica di Mattia Feltri e l’interpretazione di Roberto Pensa, portai in scena la tragedia Hammamet, per rileggere in modo equanime la controversa figura di Bettino Craxi. Luca Josi, ringraziandomi, disse: «Per tanti anni noi socialisti avevamo sostenuto molti eccellenti esponenti della cultura italiana (a dire il vero ne sostenemmo anche di modesti). Caduti in disgrazia, ci aspettavamo che si levasse qualche voce in difesa delle nostre ragioni. Invece il silenzio». Un silenzio imbarazzato, imbarazzante, assordante.

Alessandro Manzoni scrisse l’ode Il cinque maggio per rileggere in modo equanime la controversa figura di Napoleone Bonaparte, ma poi se ne pentì. Quando scrissi Hammamet il politico socialista era morto da pochi anni e la seconda repubblica era al suo apogeo: il timore di un giorno pentirmene mi sfiorò. Il tempo è passato e non solo non me ne sono pentito, ma l’operazione verità su Craxi mi sembra più necessaria che mai. La sinistra e gli italiani tutti dovrebbero fare un serio esame di coscienza sui fatti di Mani pulite, meditare sulle funeste conseguenze di quegli anni sul nostro drammatico oggi, rivalutare a piena voce i politici della prima repubblica. Una revisione storica di massa: casa per casa, coscienza per coscienza.

L’anno scorso mi recai al cinema speranzoso, il film Hammamet di Gianni Amelio poteva essere il veicolo giusto per insinuare il dubbio nel vasto pubblico. Amelio non volle sbilanciarsi: scodellò un film senza sugo, imbarazzato, imbarazzante. Qualunquismo d’autore. Non prendendo posizione a livello storico e a livello politico, l’unico dibattito che il film suscitò tra gli spettatori fu se Craxi fosse ladro o non fosse ladro, se fosse più ladro o meno ladro dei politici di oggi. Un dibattito di ladrometria.

Il povero Bettino giace assetato di giustizia.

 

 

 

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