IL SIDNACO GUALTIERI E QUESTA ROMA ADDORMENTATA

 

 

 

 

 

Huffington Post - 30 ottobre 2021

 

Roberto Gualtieri ha inaugurato bene la sua sindacatura romana. Per Radio Rock, sollecitato da Dejan Cetnikovic, il neosindaco ha recitato una personale rivisitazione del capolavoro di Remo Remotti Roma addio. Vera animaccia della capitale, Remotti fu un grande protagonista della scena teatrale di questo inizio secolo. Snobbato dal circuito ufficiale, si esibiva nei pub del quartiere San Lorenzo e dovunque lo chiamassero a recitare i suoi esilaranti monologhi.
Remotti sapeva restituire, nel giro di poche frasi, lo spirito di un’epoca. Insofferente, inquieto, irrequieto, negli anni cinquanta del novecento il cabarettista scelse di espatriare: «E me ne andavo da quella Roma addormentata / Da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide / Quella Roma del “Volemose bene e annamo avanti” / Quella Roma delle pizzerie, delle latterie / Dei sali e tabacchi, degli erbaggi e frutta / Quella Roma dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini / Dei maritozzi con la panna, senza panna, delle mosciarelle…». Per poi ritornare.
Gualtieri, formatosi alla lezione della dialettica comunista, ha capovolto l’invettiva di Remotti in una paciosa autopresentazione ai cittadini: Mamma Roma ecchime qua. Non arbitrariamente. Se il confine tra l’odio e l’amore può risultare esile, la stessa cosa talvolta accade tra la critica e l’apologia. Le contumelie di Remo Remotti risultano commoventi, sono una camuffata dichiarazione d’amore verso un piccolo mondo antico: «Me ne andavo da quella Roma dove la gente orinava per le strade / Quella Roma fetente, impiegatizia / Dei mille bottegai: dei Iannetti, di Gucci, di Ventrella / Di Bulgari, di Schostal, di Carmignani, di Avenia / Quella Roma dove non c’è il lavoro, dove non c’è ’na lira / Quella Roma der core de Roma».
La storia delle arti pullula di paradossali capovolgimenti dialettici. Si pensi al film di Federico Fellini La dolce vita, titolo ironico per un poderoso affresco critico della Roma degli anni sessanta in via di scristianizzazione, diventato nell’immaginario universale una sorta di pubblicità turistica della città. O si pensi al film La via lattea del maestro surrealista Luis Buñuel: vecchio anarchico miscredente, Buñuel racconta il viaggio a piedi di due pellegrini verso Santiago di Compostela, infarcendolo di bizzarri accadimenti con costanti riferimenti alle eresie cattoliche. Ne risulta un film spassoso e spiritualissimo, che sbeffeggia la dottrina cattolica ma segretamente invita alla conversione.
Speriamo che il sindaco Gualtieri riesca a capovolgere questa Roma addormentata.

 

 

 

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