L'AUTENTICITA' DI RENATO GUTTUSO

 

 

 

 

 

Huffington Post - 2 maggio 2021

 

Del pittore novecentesco Renato Guttuso mi piace la voce. Una voce calda, pastosa, mediterranea. Una voce che somiglia ai suoi quadri.
Allo sguardo odierno nessun pittore sembra lontano quanto Guttuso. Artista figlio del suo tempo, Guttuso crede nell’espressione, crede nella figurazione, crede nel dialogo tra arte e realtà, crede nella pittura come strumento di battaglia politica e sociale. A Guttuso non interessa l’arte che riflette su se stessa, tocca agli spettatori riflettere sui suoi quadri.
Allo sguardo odierno anche molta arte contemporanea comincia a sembrare lontana. Negli ultimi decenni si è registrato un curioso fenomeno: i teatri sono diventati musei della tradizione drammaturgica, i musei si sono teatralizzati. Il principale obiettivo di molta arte contemporanea è di destare stupore o di menare scandalo, una sorta di religione del colpo di scena. Una concezione dell’arte piuttosto ingenua, distante anni luce dalle raffinatezze espressive di Guttuso.
Noi critici usiamo spesso l’aggettivo contemporaneo con accezione laudativa, ma nel momento in cui viene creata ogni opera d’arte è contemporanea, qualificare un’opera come tale rischia di essere tautologico. Dopo gli abusi degli ultimi decenni, l’aggettivo contemporaneo va problematizzato: in che senso un’opera d’arte è contemporanea?
Con vivo interesse ho letto le equilibrate riflessioni del critico Luca Beatrice, pubblicate da Rizzoli nel volume Da che arte stai? 10 lezioni sul contemporaneo: «Se dovessimo applicare all’arte uno schema di pensiero evoluzionista per il quale l’avanguardia coincide con il moderno e quindi dopo l’avanguardia è presumibile solo immaginarne un’altra ancora più radicale ed estrema, sicuramente commetteremmo un errore». Luca Beatrice propone una lettura orizzontale, l’arte di oggi è tante cose insieme e nessuna di esse è prevalente. La stessa arte figurativa ha riconquistato centralità e Guttuso deve essere considerato un grande interprete della pittura italiana nel secondo novecento.
Il fideismo comunista di Guttuso lo portò a prendere posizioni politiche imbarazzanti, ma le bandiere rosse dei suoi quadri risultano autentiche. Emozionano grazie al virtuosismo coloristico del pittore e come documento della battaglia dei ceti popolari per condizioni sociali più giuste. Una battaglia attualissima: ieri c’erano i braccianti senza terra, oggi Renato Guttuso dipingerebbe i ciclofattorini che ci consegnano le pizze a domicilio.

 

 

 

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