LA SETTA DEI TEATRANTI

 

 

  

 

 

Huffington Post - 31 maggio 2020

 

I teatri sono chiusi e alcuni forse non riapriranno più. Per noi teatranti, come per tutti, l’ora è difficile. Non è una novità: la salita del teatro è sempre stata ripidissima. Ci arrangeremo.
Contro il teatro nessuno può niente. Abbiamo attraversato pestilenze, carestie, tirannie, rivoluzioni sociali, astrusi bandi ministeriali… ma ci siamo da millenni e anche questa nottata passerà.
La forza del teatro sta nel suo format: ontologicamente immutabile, storicamente flessibile. Perché ci sia teatro bastano un attore e uno spettatore, ma ogni epoca ha le sue convenzioni dettate dal gusto e dalle concrete condizioni produttive: in un’epoca ecco in scena quindici attori per uno spettacolo lungo quattro ore, in un’altra epoca ne bastano due per un corto di dieci minuti. Ci adattiamo.
Se avremo a disposizione meno giorni di prove, impareremo a fare presto e bene. Se i teatri resteranno chiusi, andremo in giro con i carri di Tespi. Scavalcheremo le montagne.
Contro il teatro nessuno può niente. Per esempio noi drammaturghi: da mezzo secolo impresari e direttori artistici ci fanno la guerra, trasformando i teatri in musei della tradizione, eppure la drammaturgia italiana contemporanea è vitalissima.
Succeda quel che deve succedere, ci sarà sempre uno della setta dei teatranti pronto ad andare in scena: per celebrare il rito.
Una sera di tanti anni fa una mia amica mi propose di andare a teatro. Eravamo studenti universitari e scegliemmo uno spettacolo gratuito in un piccolo teatro di Trastevere. Lo spettacolo non era bello e già durante il primo atto il pubblico cominciò a tagliare la corda. Quando si accesero le luci dell’intervallo, scoprimmo con sgomento che eravamo gli unici spettatori. Avevamo voglia di andare al pub per una birra ghiacciata, ma eravamo in trappola: lasciando il teatro ci saremmo assunti una responsabilità, avremmo spezzato il rito.
Restammo fino alla fine. Come due prigionieri. Come una regina e un re.

 

 

 

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