LEONARDO SCIASCIA, UN INVENTORE

 

 

 

 

 

Huffington Post - 2 gennaio 2021

  

Il centenario della nascita di Leonardo Sciascia è occasione propizia per una riconsiderazione di questo grande scrittore. Vengono sovente ricordati il suo impegno contro la mafia, i profetici avvertimenti sulle possibili derive di certa antimafia, il lucido spirito di contraddizione. Non meno lodate sono la sua arte della sintesi e la sua capacità di semplificare i complessi problemi della società in cui visse. Tali lodi hanno finito per fare ombra ad altri significativi aspetti del suo talento letterario.
Le etichette “civile”, “realista”, “siciliano" inizialmente fuorviarono il discorso critico su Sciascia, impedendo di coglierne il respiro internazionale. I suoi veri compagni di strada furono l’argentino Jorge Luis Borges, lo svizzero Friedrich Dürrenmatt, il ceco Milan Kundera: letterati in costante dialogo con la biblioteca universale, uomini con una inquietudine religiosa travestita da laicismo metafisico.
Il critico Salvatore Ferlita, nel suo divertente e avvelenato pamphlet Contro l’espressionismo. Dimenticare Gadda e la sua eterna funzione (pubblicato da Liguori nel 2011), stigmatizza l’idolatria dello sperimentalismo linguistico eretto a metro di giudizio letterario. La divinizzazione di Carlo Emilio Gadda e del suo espressionismo maccheronico, per Ferlita ha penalizzato in sede critica i narratori dalla prosa “semplice” come Mario Soldati, Alberto Moravia, Piero Chiara, Leonardo Sciascia.
Nella drammaturgia contemporanea registro un fenomeno analogo: chi pasticcia con il dialetto sembra godere di un pregiudizio favorevole, come se tale opzione stilistica costituisse una garanzia di qualità. Purtroppo in arte non esistono ricette vincenti, si comincia sempre da capo. Per ogni opera l’artista deve inventare un nuovo mondo e deve forgiare un adeguato stile. Tutto è lecito, a patto che funzioni.
Salvatore Ferlita disapprova chi nella valutazione dello stile letterario privilegia la lingua a scapito degli altri ingredienti espressivi. A me sembra che la presunta sciatteria linguistica di Sciascia abbia impedito di cogliere appieno la dimensione sperimentale della sua opera.
Lo scrittore di Racalmuto è un inesausto inventore di forme narrative. Ogni libro di Sciascia ha una struttura originale (che funziona), diversa da libro a libro e diversa da ogni altro libro: narrazioni saggistiche, saggi narrativi, storie semplici complicate, gialli senza soluzione, racconti morali senza morale, indagini storiche che non pretendono di rivelare e invece…Lo scrittore sperimenta anche sulla durata: alcune opere sono brevissime senza risultare incomplete, altre sono distese e divaganti e potrebbero protrarsi indefinitamente. Cultore della verità, maestro del dubbio, Sciascia ama i finali aperti: ai punti esclamativi preferisce quelli interrogativi.

 

 

 

articoli

 

prima pagina