QUANDO GLI IMPUTATI SI GODONO IL PROCESSO.

DURRENMATT HA UNA RISPOSTA

 

 

 

 

 

Huffington Post - 31 luglio 2021

 

Pubblicato con il titolo "Godersi il processo, da imputati" nel libro "Almanacco Huffpost. Il libro dell'anno 2022" (Marsilio - 2021)

 

Della Svizzera, dei suoi abitanti, del loro modo di essere non si sa molto. Se qualcosa sappiamo è merito anche del narratore e drammaturgo elvetico Friedrich Dürrenmatt: il suo sguardo demistificante si diverte a strappare il velo di discrezione con cui i connazionali proteggono la loro privacy.
Per onorare il centenario della nascita di Dürrenmatt, mi piace ricordare il suo straordinario racconto lungo La panne. Una storia ancora possibile, disponibile in edizione Adelphi. Un mediocre rappresentante di commercio, a causa di un guasto all’automobile, trascorre la serata in una villa dove alcuni uomini di legge in pensione (un giudice, un pubblico ministero, un avvocato, un boia) gli propongono di recitare la parte dell’imputato in un gioco di ruolo giudiziario che mima il processo. L’uomo accetta di essere inquisito.
Il racconto, prima spassoso poi sempre più inquietante, toglie il respiro grazie a una scrittura tutta nervi. In apertura Dürrenmatt ci offre alcune riflessioni sulle possibilità del raccontare, mettendo in atto una sorta di distanziamento dalla materia narrata. Distanziamento che un tempo si sarebbe detto brechtiano, se non fosse che certi aggettivi di successo - brechtiano, kafkiano – vanno oggi adoperati con cautela, giacché a causa del loro troppo successo rischiano di essere scorciatoie per eludere una più esatta comprensione delle opere. Iniziando il racconto con interessanti riflessioni metanarrative, Dürrenmatt non suscita nel lettore scetticismo o un effetto di straniamento: somiglia piuttosto a un sacerdote che benedice i paramenti prima di mettersi a officiare il suo rito. Dürrenmatt è durrenmattiano.
Dal racconto La panne il regista Ettore Scola trasse il film La più bella serata della mia vita. Un film autonomo ma anche aderente allo spirito del racconto, declinato da Scola in chiave di commedia all’italiana. Il protagonista del film è Alberto Sordi, splendido emblema della splendida Italia democristiana, qui perfettamente a suo agio nel misurarsi con le inquietudini morali elvetiche. Del resto anche Sordi adotta sempre una forma di distanziamento rispetto ai personaggi che interpreta, con certi esagerati scatti isterici o con certi slittamenti autoironici romaneschi.
La conclusione del film di Scola è diversa da quella del racconto, ma altrettanto agghiacciante. Il rappresentante di commercio che accetta di partecipare al gioco del processo, subisce il fascino di quei vecchi signori della legge e viene travolto dalla libidine di essere giudicato. Guardando in televisione certe udienze giudiziarie, ho avuto il sospetto che gli imputati il processo se lo stessero proprio godendo: segno di narcisismo o bisogno metafisico? La panne di Friedrich Dürrenmatt prova a rispondere a questo interrogativo.

 

 

 

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