RIFLESSIONI SUL VENTO DEL SESSANTOTTO

 

 

 

 

 

Huffington Post - 22 gennaio 2022

 

Il generale Charles de Gaulle ha perso. La sua battaglia per porre fine al tumulto del maggio sessantottino francese riuscì vittoriosa a livello di ordine pubblico, ma a livello sociale e a livello culturale la ricreazione non è mai finita e lo spirito sessantottino continua a rigenerarsi infinitamente.

Il vento del sessantotto mutò radicalmente la società italiana. Il sessantotto favorì la trasformazione, nel bene e nel male, di costumi secolari e mise in crisi il lineare virtuoso processo di crescita posteriore alla Seconda guerra mondiale. Il sessantotto deteminò un cambio di paradigma del quale oggi vediamo le estreme insidiose conseguenze: nel secondo dopoguerra si rivendicavano migliori salari e migliori condizioni di vita, dal sessantotto in poi si rivendicano l’immaginazione al potere e i diritti di minoranze sempre più facinorose. 

L’ideologia è spesso nemica della poesia e infatti a livello artistico il sessantotto produsse poche opere degne di nota. Se la canzone di Paolo Pietrangeli Contessa – pubblicata nel 1966, diventata uno degli inni dei contestatori sessantottini – ha un afflato schiettamente popolare ed è piena di grinta («Se il vento fischiava ora fischia più forte / Le idee di rivolta non sono mai morte / Se c’è chi lo afferma non state a sentire / È uno che vuole soltanto tradire / Se c’è chi lo afferma sputategli addosso / La bandiera rossa ha gettato in un fosso»), il capolavoro sessantottino mi sembra il film di Marco Ferreri Dillinger è morto.

Il cinema ferreriano negli ultimi decenni è stato ingiustamente rimosso. Ferreri era un maestro di cattiveria estetica che sapeva fotografare lo spirito della sua epoca con un sarcasmo ammaliante e con un rigore stilistico implacabile. Dillinger è morto descrive la follia di quella che i sessantottini definivano la società borghese occidentale, con uno stile lucido fino alla follia e con un Michel Piccoli supremo modello di non recitazione cinematografica.

Sul tradimento dello spirito sessantottino da parte di molti di quei giovani ribelli è bello il tacere, del resto ciascuno di noi ha il diritto di maturare e di mutare la propria visione del mondo, spiace soltanto quando il giovanile messianismo si ribalta in un compiaciuto cinismo che tende a chiudere ogni orizzonte di cambiamento. Il sessantotto - maldestramente, velleitariamente - cercò di aprire una finestra sull’impossibile: quella finestra aperta resta una problematica preziosa eredità.

 

 

 

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