STORIE PREVEDIBILI, DIALOGHI IMPROBABILI. IL CINEMA ITALIANO, OGGI 

 

 

 

 

 

Huffington Post - 27 marzo 2021

 

Era un libro maledetto, tra noi studenti universitari circolava quasi clandestinamente. Si intitolava Il più brutto del mondo. Il cinema italiano oggi, l’aveva pubblicato Bompiani nel 1982, ne era autore il critico Paolo Bertetto. In quel pamphlet sarcastico ai confini del linciaggio, il giovane Bertetto proponeva un ritratto polemico ma non gratuito del nostro cinema autoriale, rimproverando ai vecchi maestri ancora in attività (Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci…) di sfornare opere non più all’altezza del loro talento.
All’epoca i film italiani non erano certo i più brutti del mondo, ma il libro di Bertetto si è rivelato per certi aspetti profetico. Rileggendolo, colpisce l’analisi dell’onirismo felliniano: «I sogni in romagnolo elaborati da Fellini, e autenticati da tanti critici, di fatto cominciano ad occupare l’immaginario diffuso, diventano degli stereotipi che si sovrappongono alla dinamica immaginativa e la prevaricano, e invece di favorire l’emergenza di un linguaggio differente, codificano in una versione volgarizzata e caotica il linguaggio della subcultura visiva».
Mi vengono in mente due esempi recenti: nel suo Hammamet dedicato alla tragica fine di Bettino Craxi, Gianni Amelio inserisce sequenze oniriche in stile felliniano; nel film sul mafioso pentito Tommaso Buscetta intitolato Il traditore, Marco Bellocchio gli infligge un incubo felliniano. Lo statista Craxi, il mafioso Buscetta e la felliniana Giulietta degli spiriti, secondo il cinema italiano sognano alla stessa maniera.
Qual è lo stato di salute del cinema italiano odierno? Per usare una formula alla Paolo Bertetto, offre storie prevedibili, dialoghi improbabili, pronunce incomprensibili. Sembra affondare in una crisi che non riguarda solo il nostro paese, ma la stessa identità linguistica - forse addirittura ontologica - del cinema. La settima arte è esplosa in mille rivoli (sale cinematografiche, televisione, web) e rappresenta una delle promesse non del tutto mantenute del novecento.
Accanto a quello ufficiale, negli ultimi anni si registra una nuova fioritura del cinema indipendente. Per Adriano Aprà, lo studioso più autorevole del fenomeno, il nostro cinema indipendente è il più bello del mondo. Grazie al canale Indiecinema ho avuto modo di scoprire diversi film altrimenti invisibili e il giudizio di Aprà mi sembra peccare di ottimismo. Si tratta di un cinema interessante, ricco di fermenti, ma con alcuni difetti del cinema italiano ufficiale (per esempio la qualità recitativa).
Non è ancora primavera, ma alcune rondini indipendenti si intravedono. Sul talento registico di Fabio Del Greco taccio perché collaboro con lui in veste di soggettista, ma Emiliano Dante sa documentare incisivamente la realtà abruzzese del dopo terremoto, Stefano Odoardi con le sue immagini livide desta una significativa inquietudine, Luca Ferri con il suo beffardo ed enigmatico Abacuc scrive una pagina di vero grande cinema.

 

 

 

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