WELLES, GIACOBBO E GLI STREGONI TELEVISIVI

 

 

 

 

 

Huffington Post - 9 gennaio 2021

  

La storia del cinema tramanda che la carriera hollywoodiana di Orson Welles ebbe inizio grazie al successo della sua versione radiofonica del romanzo fantascientifico La guerra dei mondi di Herbert George Wells. Leggendario è il panico che il realismo della trasmissione avrebbe suscitato in molti radioascoltatori, convinti che fosse davvero in corso un’invasione aliena. Una leggenda, per l’appunto.
Nel 1938 non c’ero ma nel 2008 sì e ricordo quando Roberto Giacobbo, nel programma Voyager trasmesso da Rai 2, provò a convincere noi telespettatori della veridicità dello strabiliante caso di John Titor, il viaggiatore nel tempo. Costui sarebbe tornato dal 2036 per recuperare un vecchio computer e con l’occasione regalarci alcune anticipazioni sui decenni successivi. Confesso che a un certo momento mi piacque spegnere il cervello e abbandonarmi al brivido metafisico: per alcuni minuti fui nelle mani del buon Giacobbo, volli credere alla reale esistenza di John Titor.
Di Roberto Giacobbo affascina la serietà con cui propina le ipotesi più improbabili. Fa simpatia quando chiede ai telespettatori di non cambiare canale, perché durante gli spot pubblicitari verranno eseguiti test scientifici in grado di riscrivere la storia del mondo. A salvarlo è quel ghigno appena percettibile sotto i baffi invisibili: Giacobbo esagera apposta, il suo Freedom - Oltre il confine (in onda su Italia 1) è fiction culturale, non un programma di divulgazione scientifica.
Orson Welles, più smaliziato e più onesto di Giacobbo, nel 1973 girò il film F for Fake, conosciuto in Italia con il titolo F come falso – Verità e menzogne. L’opera comincia con il grande Orson che fa giochi di prestigio citando l’illusionista Jean-Eugène Robert-Houdin («Un mago è solo un attore che interpreta il ruolo di un mago»), intreccia diverse storie di falsari, dissacra la leggenda wellesiana relativa alla trasmissione radiofonica sui marziani, abbaglia con alcune considerazioni degne di William Shakespeare sulla gloria, sulla morte, sull’illusorietà di tutto.
Che cosa è vero e che cosa è falso? Da millenni la questione ossessiona artisti, filosofi e scienziati. Non se ne curano invece conduttori, autori e dirigenti televisivi. Troppi programmi si divertono a truccare le carte, a manipolare i veri dettagli della vita di vere persone, a spacciare per realtà la cattiva immaginazione dei loro creatori. Troppi programmi – senza il ghigno ammiccante di Roberto Giacobbo – si compiacciono di abolire il confine tra vita e fiction.
Se oggi dilagano le fake news non è certo colpa degli onesti ciarlatani come Orson Welles, ma anche degli stregoni televisivi che abituano il pubblico a concepire la vita al di là del vero e del falso.

 

 

 

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